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Il confine che non c’è

15 Gennaio 2017

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Tengo quest’immagine sul desktop del mio computer da molto tempo, almeno alcuni anni.

Si tratta di una tavola in arenaria scolpita conservata ai Musei Vaticani a Roma. La provenienza dovrebbe essere assiro-babilonese e risalirebbe a più di tremila anni fa. Quando la vidi per la prima volta pensai che raffigurasse degli uomini che nuotano, poi qualche supplemento di ricerca mi ha informato che probabilmente si tratta di corpi di uomini annegati in mare in seguito a una battaglia fra navi nemiche o dopo una tempesta.

Ascoltavo oggi al tg il bilancio dei migranti morti nel Mediterraneo, solo nell’anno appena trascorso, nel tentativo di raggiungere l’Europa: una cifra intorno alle cinquemila persone.

Un piccolo paese. E va avanti così da anni.

Gli antichi temevano il mare, e forse lo temono anche coloro che s’imbarcano credendo di lasciarsi alle spalle miseria, oppressione e una vita senza orizzonte. Non ci sono confini in acqua e insieme alla paura quest’umanità coltiva anche una speranza di liberazione. Ma si muore anche senza che un confine ti respinga. Si muore di fame, di sete, di freddo, per avaria, perché non si sa nuotare.

Così di tutto questo flusso di vite giovani, e giovanissime, rimangono cadaveri senza nome, come quelli della tavoletta dei Musei Vaticani.

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