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L’immaterialità

28 Aprile 2013

Fornasetti, "Viso e fondo marino n. 2"

Lungo un certo periodo della mia vita, per ragioni di ricerca e di lavoro, ho frequentato diversi archivi storici. Cercavo notizie relative a opere e artisti vissuti mediamente quattro o cinque secoli fa.

Questo tipo di informazioni si trova, in genere, sepolto in mezzo a contratti, note di pagamento, liste delle cose più inverosimili: il mobilio di castelli e dimore, le partite di mattoni e tavole di legno necessari per lavori edilizi, le ambascerie di corte, abbozzi di opere letterarie, lettere personali, testamenti ed eredità. E quando si dice che gli archivi sono polverosi si dice bene: la carta accoglie e produce polvere, accoglie i frammenti del mondo che la circonda, assorbe i liquidi, trattiene i capelli, il sudore delle dita, le lacrime.

Forse trattiene anche qualcosa di più. Gli impulsi e i pensieri di chi quelle carte le ha compilate, o raccolte, o conservate, o trafugate nei secoli. Impronte e tracce fisiche che rimandano a esseri in carne e ossa con una psiche, una volontà, una storia.

Un archivio storico è soprattutto un luogo fisico. Si deve andare in un certo posto per consultarlo e anche quel posto è parte della sua vita, del senso che trasmette, e della fatica. Perché il più delle volte, dopo ore di consultazione, non si trova l’informazione giusta e allora si ha l’impressione di essere stati nel luogo sbagliato (spesso ci si è pure spostati di città), magari ciò che si cercava era solo nel contenitore di documenti successivo, o sotto un’altra dicitura.

Internet ha smaterializzato questo mondo. Intendiamoci, gli archivi storici rimarranno (si spera) anche se in parte digitalizzati e quindi accessibili ovunque.

Ma per quanto riguarda i viventi l’archivio, la miniera cui attingere per trovare informazioni, per capire o scoprire, non è più o non necessariamente collocabile in un certo luogo fisico. È nella rete, come serie di informazioni più o meno ordinata, più o meno facile da reperire, più o meno sensata nei collegamenti, ma c’è, e fluttua liquida. Immateriale. Tutti noi abbiamo avatar, immagini e parole, estratti di noi stessi che vagano in rete.

Quando ho pensato che avrei voluto aprire un sito, che fosse un po’ blog, un po’ archivio di quello che scrivo e ho scritto, l’immagine che si formulava nella mia mente era uno strano ibrido: c’era l’idea della rete come un mare aperto, in cui le cose si trovano un po’ per caso, un po’ perché tendono ad aggregarsi come colonie di coralli e di alghe, ma c’era anche quella del luogo accogliente e riparato in cui si ci può fermare, perché è stato pensato per raccogliere con ordine, per fare memoria, comunicare e dialogare.

Se siete arrivati fin qui la curiosità non vi manca, buona navigazione!

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2 Commenti

  1. Grazie alla Povna, per questa visita. Lei che attraversa i mondi sa che non si è mai per intero da nessuna parte.

  2. L’archivio della rete è un archivio infido, perché, come tu ricordi, è immateriale, e molto meno sporco. Però è anche un archivio affascinante, e conserva dell’archivio tradizionale la possibilità di gettare le reti per trovare pesce azzurro, e trovare una balena. E’ questo il suo bello, credo. Io nella mia casa non riesco ad archiviare tutto ciò che sono, ma solo una parte (piccola, ma non cursoria, anche se sotto avatar). Ti seguirò con piacere.

I commenti sono chiusi.