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Prove di trasmissione della memoria

14 Agosto 2014
Piazza Lenin a Cavriago (Reggio Emilia)
Piazza Lenin a Cavriago (Reggio Emilia)

Non abitiamo il tempo, anche se è esperienza comune nascere, accumulare anni e morire, e così facendo credere di avere occupato una parte di tempo, piuttosto è il tempo che ci abita con l’inganno giornaliero della luce e dell’oscurità, della veglia e del sonno, delle stagioni. Crediamo di scorrere verso qualcosa, da un punto all’altro e in certi momenti, quando vediamo che le cose e le persone che amavamo non sono più, o non sono più nel modo in cui le abbiamo conosciute, abbiamo la percezione di una perdita che è soprattutto di tempo: che non tornerà più. Proprio lì si rivela che non siamo padroni dei nostri giorni, ma che essi con un flusso più potente di vita, tutta la vita universale anche quella di cui non abbiamo la più remota percezione, ci attraversano e ci sagomano. La sagoma che rimane, come un guscio vuoto, si riempie presto di nostalgia. Abbiamo sempre nostalgia di essere stati.

A volte questa nostalgia prende il colore di un momento storico preciso, perché il tempo ha abitato noi e mille altri contemporaneamente e in certi punti si è creata tutta un’energia in una certa direzione.

Stamattina, bevendo un tè in un bar all’aperto sulla fiancata est della chiesa di San Petronio a Bologna, pensavo chissà perché, forse per la sospensione ferragostana il non-tempo delle ferie assolute, agli anni in cui ho lavorato all’archivio fotografico del Comune di Cavriago, a pochi chilometri da Reggio Emilia.

Era la fine degli anni novanta, ero da poco tornata dagli Stati Uniti, con un desiderio fortissimo di ritrovare la mia terra, la solida, ingenua e sognante convinzione con cui ero cresciuta che tutto si potesse fare, a volerlo fare bene. L’Emilia cooperativa, l’Emilia dell’inesausta narrazione sul valore e le conseguenze della Resistenza, l’Emilia delle biblioteche e dei servizi alle persone mi avevano cresciuta con questa convinzione. E non era del tutto infondata. Ricordo l’esperienza nel Comune di Cavriago come straordinaria, per la disponibilità a collaborare degli impiegati, per la facilità con cui si potevano fare progetti e crederci. Tutto scricchiolava intorno, e c’erano segni avanzati di una realtà ormai superata, tirata verso una direzione che non era più, per certo, quella del socialismo tascabile. Eppure, ancora funzionava. Ancora ha funzionato. Cavriago, Comune di meno di novemila anime, è riuscito a realizzare un centro di cultura, il Multiplo, che non ha molti eguali in Italia e che sarebbe più facile incontrare a Berlino.

Di quel tempo ho nostalgia in questi giorni. Di quando era bello ed era possibile credere e l’utopia dava forma a una realtà comunque migliore.

Gli Offlaga Disco Pax avevano capito presto la resa di un sogno e con la loro musica e le loro parole lo hanno cantato. Questa è la sagoma di tempo che mi è rimasta:

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Un commento

  1. Abiti in una citta che amo, in cui mi sento a casa. Ho provato anche a trovarci lavoro, ammetto a distanza soltanto, peró. Ho respirato l’atmosfera che descrivi. Buon ferragosto, leggo banana yoshimoto e sono un poco malinconica. Marina.

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