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Vanessa Pietrantonio, “L’idea fissa. Una malattia dell’immaginario”

Recensione al libro: Vanessa Pietrantonio, L’idea fissa. Una malattia dell’immaginario, Bompiani 2023

C’è una parola ricorrente in Proust, a proposito delle vicende amorose di Swann con Odette e di quelle del narratore con Albertine, si tratta della cristallizzazione, il processo per cui un oggetto viene ricoperto di sali che ne deformano l’aspetto, facendolo sembrare tempestato di diamanti e irriconoscibile. Questa potente immagine deriva dal testo del 1822 di Stendhal De l’amour (Sull’amore). Che per descrivere l’ossessione amorosa si ricorra al paragone con un processo chimico è sintomatico di un incipiente interesse verso la fisiologia psichica e il mondo della scienza, tanto più che l’attenzione per il coagularsi di un pensiero e di una volontà fissa intorno a un oggetto è un vero e proprio leit motiv della letteratura e della medicina europea tra Ottocento e Novecento, come argomenta Vanessa Pietrantonio nel suo ultimo libro, L’idea fissa. Una malattia dell’immaginario, in uscita per Bompiani.

Pietrantonio non considera Proust né Stendhal – invero molto è già stato scritto sull’ossessione amorosa – si concentra invece su quegli autori in cui la ‘monomania,’ come la chiamò uno dei suoi primi studiosi, Jean-Etienne Dominique Esquirol, diventa non solo l’attributo dei personaggi dei loro romanzi, ma anche un modo per riflettere sulla propria scrittura e sull’origine della creatività, a partire dalla definizione esemplare di Paul Valery, L’idea fissa (1933): “Che c’è di più inventivo di una idea incarnata e infetta il cui pungolo spinge la vita contro la vita fuori della vita? Essa ritocca e rianima senza tregua le scene e le favole inesauribili della speranza e della disperazione con una precisione sempre crescente che supera di gran lunga la precisione finita di ogni realtà (…) si è interamente posseduti, ritmati dal pensiero che trascina, sferza, paralizza”. Pietrantonio indaga come l’ossessione agisca in Balzac, Poe, Flaubert, Taine, Maupassant, Melville, James e Conrad, autori in cui vibra l’idea romantica della passione intesa come intensificazione del sentire, di per sé confinante con la scaturigine creativa. D’altro canto, se il vissuto maniacale proprio perché induce a vedere di più o a vedere diversamente – in ogni caso a trasfigurare la realtà – ha un’inesauribile potenzialità espressiva, la psicanalisi e la medicina cominciano a produrne una loro interpretazione cercando le ragioni della sua altrettanto forte carica distruttiva. Pietrantonio intreccia sapientemente riferimenti alla psicanalisi con l’indagine di alcuni personaggi letterari che incarnano fino alla patologia l’ossessione: malattia dell’immaginario e, quindi, più che mai costruzione culturale.

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