Recensione al libro: Rossella Milone, Il primo desiderio, Neri Pozza 2025
In una celebre inchiesta sul romanzo, promossa dalla rivista Nuovi argomenti nel 1959, Elsa Morante operava una distinzione basilare fra romanzo e racconto: il primo votato all’interezza, alla restituzione per così dire totale di un mondo, il secondo alla definizione esatta di un momento. Tuttavia Morante sentiva il bisogno di chiarire: “Bisogna però aggiungere che una raccolta di racconti – quando si componga con la ricchezza omogenea delle sue parti, in un’interezza sviluppata e armoniosa, ha valore certo di romanzo”. Come a dire che non solo non c’è gerarchia fra i due generi – si tratta casomai di un diverso rapporto con l’universo – ma pure che quell’effetto di totalità dato dal romanzo si può ottenere con una raccolta, se fortemente strutturata e densa sul piano dei temi e dei simboli.
Questo è senza dubbio il caso del libro di Rossella Milone, Il primo desiderio (Neri Pozza 2025) che in otto racconti dipana trame di vite fra loro intrecciate e colte a distanza nel tempo e nello spazio. I personaggi che ricorrono da un racconto all’altro, in diversi momenti della loro biografia, sono tutti originari di un paese della cintura attorno a Napoli, vicini di casa che crescendo hanno visto e custodito piccoli e grandi segreti delle rispettive famiglie e del quartiere. Ogni racconto ne svela il destino a partire da un momento singolo, ogni racconto mantiene un legame con gli altri, di modo che nell’insieme costituiscono i capitoli di un’unica narrazione. Si tratta di una struttura definita alla maniera aglossassone short story cycle che ha esempi illustri, fra cui si potrebbero citare i recenti Olive Kettridge di Elizabeth Strout, Felici i felici di Jasmina Reza o a voler andare più indietro nel tempo I racconti straordinari di Edgar Allan Poe.
Isabel, figlia di un ornitologo e un’insegnante, compare ragazzina inquieta e curiosa in una spedizione per il censimento della fauna aviaria in Mali nel primo racconto, la ritroviamo adulta e di passaggio nel paese che da tempo ha lasciato ma in cui vivono ancora i genitori e gli amici dell’infanzia e dell’adolescenza in un altro racconto, infine pensionata e con una figlia a sua volta già cresciuta nel finale. Potremmo dire che sia Isabel a tenere il filo di Arianna al quale sono connessi tutti gli altri personaggi in un rapporto di amore, odio, competizione, nostalgia o rifiuto: i genitori, Cori il fidanzatino dell’adolescenza con la sua famiglia, Rosa l’incredibile ragazza delle pulizie, Sandra la solitaria amica dirimpettaia, Matilde che poi sposerà Cori, Bianca figlia di Isabel, Cecilia sorella minore di Cori. Ma a legare tutti questi personaggi non è solo Isabel, o l’appartenenza al medesimo paese alle pendici del Vesuvio, piuttosto si direbbe un analogo movimento tra due opposti, radicamento e fuga, che li spinge a saggiare la tenuta dei sentimenti ritenuti indiscussi, quelli familiari soprattutto, uscendo dal perimetro delle certezze per scoprire qualcosa di sé e degli altri. Isabel, ad esempio, disubbidisce, ragazzina, ai genitori, esponendosi al pericolo nella savana africana e questo spingerà il padre a rivelarle un episodio mai confessato prima della sua vita. Rosa infrange il proprio credo etico nascondendo un pacco per il giovane camorrista di cui è infatuata e corre a confessarsi in chiesa, ma il racconto del peccato diventa un sogno di sovrumano incontro con il divino e con una se stessa trasformata e liberata. Matilde ormai anziana va a fare visita al figlio che vive in Irlanda e si rende conto davanti alla sua nuova famiglia di quanta rigidità e di quanti non detti sia impastata la propria vita. Cori per aiutare Sandra dimentica la cagna chiusa in uno sgabuzzino causandone la morte, di cui non rivelerà mai il segreto a Matilde. Cecilia, sorella di Cori, incontra la violenza più estrema proprio nell’idilliaco paesino delle dolomiti dove ha voluto costruire una vita lontana dal viluppo familiare. Bianca per guadagnare qualche soldo pungola un pitone da esposizione, mentre il nonno sta morendo e Isabel l’ha riportata nel paese natale per assisterlo. Questi episodi vengono tutti investiti di una specifica densità perché colgono il momento preciso di un cambiamento che ha che fare con il tempo e con la possibilità di salvare se stessi dalla morte, sia essa reale o solo prefigurata: “il mistero di crescere ha certe sue insondabili correnti che spingono in avanti la vita, lasciando indietro il resto”. I personaggi di Milone è solo mettendo a rischio la propria identità, le proprie abitudini e affetti che si rendono conto di essere vivi nello spazio dell’incontro con l’altro e con il mondo, e quindi con un’irriducibile diversità: “qualsiasi incontro, prima ancora di diventare un ricordo, addestra all’attraversamento. Non lo sa quanto duri quell’addestramento; probabilmente anni e anni, per arrivare sfiancati, e con l’illusione di essere pronti.”
Lasciare il paese con i suoi agrumeti, le ville settecentesche, i quartieri malfamati, la vita soffocante e confortevole allo stesso tempo dei luoghi in cui ci si conosce tutti, è la tensione con cui la scrittrice muove i suoi personaggi, per riportarli poi a fare i conti con quei medesimi luoghi diventati memoria, diventati mitologia personale. Milone sembra dire: può darsi che ogni vita altro non sia che addestramento ad attraversare – i luoghi, le situazioni, le relazioni e in ultima analisi se stessi – perché a muovere l’umanità è appunto il primo desiderio, quello di sopravvivenza, che è brutale nell’essenza e ci porta a disconoscere anche ciò che siamo stati, pur di andare avanti. Un desiderio di salvezza che salva veramente solo quando riesce, però, a riconciliarsi con il sentimento più vasto dell’amore perché: “nell’amore non si muore del tutto, nel desiderio sì”.
Con una prosa luminosa e vivace che indugia sulla concretezza degli oggetti, degli ambienti, della fisiologia corporea e che descrive insieme animali e umani, Milone restituisce il senso di una coralità e l’accordo sottile che fa risuonare tutta la vita con gli elementi della natura: mari, cieli, alberi e pietre.