“Tutti badano ai dettagli, sono loro che ci fanno innamorare o ci disilludono all’improvviso. Costruiamo un totem di bellezza, di perfezione, umana e morale, ne addobbiamo la persona che amiamo, e poi?
Poi siamo dentro un matrimonio, un contratto sociale vincolante, un impegno a riprodursi, a credere nella società. Non sarebbe meglio pensare all’amore come a un felice incidente che continua ad accadere?”
(Da L’amore normale, Einaudi 2014)
Amore e matrimonio non sono un binomio scontato. Per secoli e secoli il matrimonio è stato consapevolmente utilizzato come strumento per stringere alleanze fra famiglie e clan, quindi come strumento di controllo sociale che ben poco aveva a che vedere con l’amore. Ma anche quando, soprattutto grazie all’etica cristiana, l’amore coniugale comincia a guadagnare spazio, nella vita reale e nella rappresentazione, continua a rimanere un’istituzione problematica e conflittuale: è al suo interno, e in relazione, alla società che si gioca la parità fra i sessi, il ruolo riconosciuto agli uomini e alle donne. E basta guardare l’immagine qui sopra per farsi un’idea di come la disputa su chi abbia i pantaloni, cioè debba comandare, nella vita coniugale vada avanti da un pezzo e con un evidente svantaggio iniziale delle donne.
Questa lunga storia è stata messa in mostra a Milano, a palazzo Morando, in una esposizione intitolata “Le delizie del matrimonio”, conclusasi in questi giorni. Un itinerario iconografico molto ampio dal ’600 fino ai primi decenni del ’900, diviso per temi: dal corteggiamento, alla fedeltà, al tradimento, al gioco delle parti nel legame coniugale.